IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la presente ordinanza nella Camera di Consiglio del 22 gennaio 2004; Visto l'art. 21 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, nel testo modificato dalla legge 21 luglio 2000, n. 205 e l'art. 36 del Regolamento 17 agosto 1907, n. 642; Visto il ricorso n. 78/03 proposto da SI-AM Ansermin Alberto e C. s.n.c., in persona del legale rappresentante, e Dedja Indrit, rappresentati e difesi dall'avv. Gea Alessandra Masi, presso la quale domiciliano elettivamente in Aosta, Avenue du Conseil de Commis n. 24; Contro, la Regione Autonoma Valle d'Aosta, in persona del Presidente della Giunta Regionale pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Torino, presso i cui uffici domicilia ex lege in Corso Stati Uniti 45; il Ministero dell'interno, in persona del Ministro pro tempore rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Torino, presso i cui uffici domicilia ex lege in Corso Stati Uniti 45; per l'annullamento, previa sospensione dell'esecuzione, del provvedimento emesso dalla Regione Autonoma Valle d'Aosta n. 498 del 23 giugno 2003, con cui e' stata respinta la domanda di regolarizzazione del lavoratore extracomunitario Dedja Indrit, nonche' di tutti gli atti presupposti, preparatori, connessi e consequenziali ed in particolare del provvedimento con cui la Questura ha comunicato la presenza di motivi ostativi alla regolarizzazione; e per l'accertamento del diritto del ricorrente Dedja Indrit alla revoca del decreto di espulsione emesso nei suoi confronti il 27 ottobre 2003 e conseguentemente alla concessione del permesso di soggiorno per lavoro subordinato, nonche' del diritto della SI-AM s.n.c. a perfezionare il contratto di lavoro subordinato con il lavoratore straniero; nonche' per la condanna al risarcimento dei danni patrimoniali e non arrecati ai ricorrenti; Visti gli atti e documenti depositati col ricorso; Vista la domanda cautelare presentata in via incidentale dal ricorrente; Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione; Vista l'ordinanza cautelare del 15 ottobre 2003; Uditi nella pubblica udienza del 22 gennaio 2004, relatore il referendario Cecilia Altavista, l'avv. Masi per i ricorrenti; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue: Fatto e diritto La presente controversia riguarda la legittimita' o meno del decreto del Presidente della Regione del 23 giugno 2003, con cui e' stata respinta la domanda di regolarizzazione presentata, ai sensi dell'art. 1 del d.l. 9 settembre 2002 n. 195, convertito con modificazioni dalla legge 9 ottobre 2002 n. 222, dal datore di lavoro del lavoratore extracomunitario ricorrente, e degli altri atti amministrativi connessi indicati in epigrafe. Il provvedimento impugnato, che ha respinto la domanda di regolarizzazione, e' fondato sull'art. 1 ottavo comma lettera a) del citato decreto legge n. 195/03 che esclude dalla «regolarizzazione» i lavoratori extracomunitari, nei confronti dei quali non possa essere revocato il provvedimento di espulsione gia' emesso in loro danno, in quanto disposto, come nella specie, con le modalita' dell'accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica. L'ottavo comma dell'art. 1 del d. 1. citato prevede alla lettera a) che le disposizioni del medesimo art. 1 non si applicano ai rapporti di lavoro riguardanti lavoratori extracomunitari «nei confronti dei quali sia stato emesso un provvedimento di espulsione per motivi diversi dal mancato rinnovo del permesso di soggiorno, salvo che sussistano le condizioni per la revoca del provvedimento in presenza di circostanze obiettive riguardanti l'inserimento sociale. La revoca, fermi restando i casi di esclusione di cui alle lettere b) e c), non puo' essere in ogni caso disposta nell'ipotesi in cui il lavoratore extracomunitario sia o sia stato sottoposto a procedimento penale per delitto non colposo che non si sia concluso con un provvedimento che abbia dichiarato che il fatto non sussiste o non costituisce reato o che l'interessato non lo ha commesso, ovvero risulti destinatario di un provvedimento di espulsione mediante accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica, ovvero abbia lasciato il territorio nazionale e si trovi nelle condizioni di cui all'articolo 13, comma 13, del testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998, e successive modificazioni...». Il Collegio ritiene di sollevare d'ufficio questione di legittimita' costituzionale, per contrasto con l'art. 3 della Costituzione, dell'art. 1, ottavo comma, lettera a) sopra riportato nella parte in cui esclude dalla revoca del decreto di espulsione e conseguentemente dalla regolarizzazione, il lavoratore extracomunitario nei cui confronti sia stato eseguito con accompagnamento alla frontiera il decreto di espulsione. La norma si pone, innanzitutto, in contrasto con il principio di eguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione, che vieta al legislatore di trattare in modo eguale situazioni soggettive profondamente diverse. Essa, infatti, equipara, come gia' rilevato dal Tribunale amministrativo regionale della Puglia - Sez. di Lecce, che ha sollevato analoga questione, ai fini di un unico trattamento sfavorevole, ovverosia l'esclusione dalla «regolarizzazione», la differente posizione dell'extracomunitario che sia stato destinatario di un provvedimento di espulsione mediante accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato o perche' ritenuto socialmente pericoloso, con quella del lavoratore extracomunitario che sia destinatario di un provvedimento di espulsione con accompagnamento della forza pubblica solo perche' si tratta di uno straniero che si e' semplicemente trattenuto nel territorio dello Stato italiano oltre il termine di quindici giorni fissato nell'intimazione scritta di espulsione o sia entrato clandestinamente nel territorio dello Stato privo di un valido documento di identita', non commettendo reati e senza rendersi in alcun modo concretamente pericoloso per la sicurezza pubblica. In tal modo, la norma appare porsi anche in contrasto con il generale precetto, desumibile dallo stesso articolo 3 della Costituzione, che impone la ragionevolezza delle scelte legislative. Come evidenziato altresi' dal Tribunale amministrativo regionale della Liguria con l'ordinanza n. 44 del 30 luglio 2003, la violazione del principio di ragionevolezza deriva dalla previsione da parte della norma in questione di un identico trattamento giuridico per delle situazioni soggettivamente differenti. La norma, infatti, prevedendo l'esclusione dal beneficio della «regolarizzazione» per gli stranieri nei confronti dei quali sia stato adottato un provvedimento di espulsione con l'accompagnamento alla frontiera, rende tale beneficio applicabile solo agli stranieri, destinatari di analogo provvedimento di espulsione, ma che per circostanze del tutto casuali non abbiano subito controlli o siano riusciti a sottrarsi ad essi e, pertanto, non sia stato eseguito il provvedimento di espulsione. Ma la norma in questione e', soprattutto, irrazionale, intimamente contraddittoria e contrastante con le finalita' della legge stessa. I provvedimenti di polizia, quale quello di espulsione, come ogni altro provvedimento amministrativo, sono suscettibili di esecuzione coattiva. Ai sensi dell'art. 11, comma 5, della legge 40 del 1998, infatti, l'accompagnamento alla frontiera era disposto quando il prefetto rilevasse un concreto pericolo che lo straniero si sottraesse all'esecuzione del provvedimento di espulsione. La legge n. 39 del 1990, come modificata dalla legge n. 40 del 1998, prevedeva che il questore eseguisse il provvedimento di espulsione mediante intimazione allo straniero ad abbandonare entro il termine di 15 giorni il territorio dello Stato, secondo le modalita' di viaggio prefissate o a presentarsi in questura per l'accompagnamento alla frontiera entro lo stesso termine. La straniero che non osservasse l'intimazione o che comunque si trattenesse nel territorio dello Stato oltre il termine doveva essere immediatamente accompagnato alla frontiera. Ne deriva che l'accompagnamento alla frontiera costituisce il naturale esito attuativo del provvedimento in tutti i casi di mancata osservanza spontanea del provvedimento di espulsione. Escludere la regolarizzazione, nonostante l'intervenuto inserimento sociale, solo perche' l'espulsione e' stata casualmente eseguita e senza che ricorrano particolari ragioni ostative (commissione di reati, pericolosita' sociale, ordine pubblico) pure espressamente previste dal precedente comma 4 dello stesso art. 1, appare del tutto irragionevole e contrasta con l'espressa previsione della revoca dell'espulsione in caso di inserimento sociale. Ne deriva altresi' l'ulteriore profilo di irrazionalita' e contraddittorieta' della norma per la sua inapplicabilita' in concreto, in quanto lo straniero, destinatario di un provvedimento di espulsione, puo' essere regolarizzato solo se abbia spontaneamente lasciato il territorio dello Stato a seguito dell'espulsione, ma in questo caso non avrebbe i requisiti per la regolarizzazione non avendo potuto, evidentemente, prestare lavoro alle dipendenze di un datore di lavoro in Italia nel periodo antecedente alla legge di sanatoria. La sollevata questione di legittimita' costituzionale e' poi rilevante in quanto il provvedimento impugnato si basa esclusivamente sulla disposizione normativa censurata.